“Noi siamo il mondo”, cantavano. E lo erano davvero. Il primo inno corale che ha travalicato tutti i confini è stato We Are the World.
Era il 1985 e quella canzone ha fatto storia. Ma come è nata? Come sono stati coinvolti tutte quelle star? Come hanno fatto a non far trapelare nulla se non a cose fatte? Ce lo racconta un documentario da non perdere in streaming su Netflix: We Are the World: la notte che ha cambiato il pop. Diretto da Bao Nguyen e prodotto da Julia Nottingham, il team dell’acclamato documentario Be Water su Bruce Lee.
Il 25 gennaio 1985 decine di grandi nomi della musica si riuniscono in uno studio di Los Angeles. Mettono da parte i loro ego e registrano, per le vittime della carestia in Africa, una canzone a scopo benefico che cambierà la storia della cultura pop mondiale.
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Diretti dai coautori della canzone – due dei più importanti musicisti del ventesimo secolo, ovvero Michael Jackson e Lionel Richie – quegli artisti provengono da mondi diversi ma fanno squadra per registrare We Are the World. Ma come si è arrivati a compiere quella gigantesca impresa di mettere insieme il più straordinario supergruppo del mondo in un’epoca antecedente ai telefoni cellulari e alle email? We Are the World: la notte che ha cambiato il pop ricostruisce, passo dopo passo, la genesi di quell’incontro. Con filmati inediti, il film descrive in dettaglio le prime fasi di pianificazione. Comprese le sessioni di scrittura con Richie e Jackson. Ed entra nei famosi Henson Studios dove We Are the World è stata registrata.
Una canzone che ha cambiato il mondo:
Ma una volta varcata la soglia dello studio di registrazione, sotto il profetico cartello fatto installare da Quincy Jones con la scritta: «Controlla il tuo ego prima di entrare», è arrivata la magia. Di un brano dalla struttura semplice e per questo efficace. Uno dei motivi per cui è rimasta nella Storia e l’hanno cantata tutti. «La parte del ritornello è adatta a diverse gamme vocali», spiega Nguyen. «Lionel e Michael l’hanno resa un inno che si può cantare facilmente».
La canzone ha raccolto più di 60 milioni di dollari. Ma il suo impatto è stato anche maggiore. Perché – come farà pochi mesi dopo anche il Live Aid voluto da sir Bob Geldof – ha posto il problema della carestia che falcidiava la popolazione africana sotto i riflettori del mondo. «Ovviamente oggi siamo inondati da immagini di povertà, ma credo che abbia davvero ispirato molti aiuti esteri. E abbia aperto la strada a una serie di artisti-attivisti»
Molti degli artisti presenti in quella leggendaria serata (Richie, Bruce Springsteen, Smokey Robinson, Cyndi Lauper, Kenny Loggins, Dionne Warwick e Huey Lewis) ricordano una delle notti più memorabili della storia della musica. Insieme a musicisti, tecnici e addetti alla produzione. Il gruppo in studio di registrazione era molto unito, ma perché i problemi sono rimasti fuori Madonna, che non era stata invitata (i produttori le avevano preferito Cindy Lauper) e Prince, che aveva posto la condizione di registrare il suo assolo in una stanza da solo, richiesta che gli è stata negata.