Sulla legge elettorale è bagarre. Una bagarre legislativa prima che parlamentare.
Con l’ormai famosa sentenza “additiva” 1/2014 che ha dato origine al cosiddetto “Consultellum” dal nome del “legislatore di fatto” che ha scritto il nuovo sistema elettorale, la Consulta, al Senato vige un sistema elettorale proporzionale puro (cioè senza correttivi per la “governabilità”), senza premio di maggioranza e senza i capilista bloccati.
La soglia di sbarramento: ogni partito o lista deve ottenere l’8% dei voti per poter accedere alla distribuzione dei seggi o il 3% percento in caso di coalizione di liste che ottenga almeno il 20% su scala regionale.
E’ prevista un’unica preferenza, diversamente dalla Camera dei deputati dove vige un diverso sistema elettorale grazie all’introduzione dell’Italicum, che prevede una soglia di sbarramento del 3% su base nazionale.
Con questo diverso sistema ogni lista è composta da un candidato capolista e da un elenco di candidati. Agli elettori è consentita la doppia preferenza di genere tra chi non è capolista.
E’ prevista, inoltre, una parità di genere nelle liste elettorali: nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 50% (e nella successione interna alle liste nessun genere può essere presente per più di due volte consecutive).
“E’ sotto gli occhi di tutti che ci sono differenze tra le due leggi. A me sta a cuore la doppia preferenza di genere: alla Camera ce l’abbiamo, al Senato no. Forse vale la pena attenzionare questo aspetto” dichiarava la Presidente della Camera Laura Boldrini a Repubblica a gennaio. Ora con la discussione alla Camera della nuova legge elettorale, torna ad essere centrale il dibattito sugli strumenti di riequilibrio di genere.
Il testo approvato dalla commissione affari costituzionali (detto tedeschellum) contiene l’alternanza tra i generi nelle liste circoscrizionali, ed è previsto che nei collegi uninominali nessun genere può essere rappresentato in misura superiore al 40%.
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“Occorre prevedere l’inammissibilità delle liste che non rispettano questi vincoli, o una percentuale del 50/50 perché tante sono le donne italiane” ha affermato la deputata socialista Pia Locatelli, sempre attenta alle questioni di genere.
“non è vero che un 40/60 percento di uomini e donne candidate porta automaticamente ad un 40/60 per cento di eletti ed elette. Non è così se non si prevede un equilibrio delle capolisture e soprattutto se non si prevede l’inammissibilità delle liste qualora queste regole non siano rispettate” continua la deputata che lancia pure l’allarme “voto segreto” per motivi di coscienza sulle questioni di genere.
“Qualcuno mi deve spiegare quale questione di coscienza ci sia in una giusta rappresentanza dei due generi. Questo Parlamento ad alto tasso femminile evidentemente a qualcuno fa paura” conclude.