Dopo un anno di dibattito interno, l’8° Congresso Nazionale di ArciLesbica con una sicura maggioranza ha individuato il piano di attività per il prossimo futuro: promozione di una discussione a tutto campo su adozioni per single e coppie dello stesso sesso, lotta contro la lesbofobia, l’omofobia e la transfobia e rifiuto del modello di società neoliberale, con una opposizione netta alla maternità surrogata (Gpa) perché riduce a cosa sia chi nasce sia la madre che mette al mondo.
La recente legge sulle unioni civili ha dato una risposta incompleta alla richiesta di diritti delle coppie omosessuali ed ha messo al centro il desiderio di lesbiche e gay di essere riconosciuti come genitori. Tuttavia le lesbiche sono nella condizione di avere un/a figlia/o, mentre gli uomini devono trovare una donna che li renda padri. Per pareggiare questa differenza, quasi fosse un ingiusto privilegio da correggere creando pari opportunità per lo svantaggio maschile, il movimento Lgbt ha dato per scontato che tutti/e avremmo adottato il piano delle Famiglie Arcobaleno sulla maternità surrogata, che si può leggere nella Carta Etica sottoscritta insieme all’Associazione Luca Coscioni: “Noi pensiamo che la compensazione in denaro sia necessaria e auspicabile e che debba essere fatta all’interno di un sistema trasparente e legale, cioè tutelato dalle leggi dello Stato nell’interesse della donna stessa. Pensiamo che questo compenso debba essere equilibrato e proporzionato all’investimento psico-fisico della gestante […] 19.000 euro, che ci sembra una somma adeguata e non tale da indurre donne in buone condizioni economiche a scegliere la GPA come un mestiere e basta”. Invece questo approccio scontato non è.
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Noi non condividiamo l’esternalizzazione della gravidanza, perché è antifemminista, coloniale, disumana. La versione propagandistica della madre surrogata autodeterminata che offre se stessa per fare un dono generoso (a sconosciuti committenti) cozza contro la realtà dei profitti delle agenzie di reclutamento di donne che mettono a rischio la loro salute per l’estrazione di ovociti o per la gravidanza e il parto in cambio di compensi, che tali restano anche quando vengono chiamati rimborsi.
All’interno di ArciLesbica, già dal 2012 contraria alla Gpa commerciale, nell’ultimo anno si è aperto il dibattito serrato sulla Gpa e più in generale sul senso della libertà femminile. Cosa significa libertà per una donna? Fornire servizi riproduttivi (e sessuali) è stato a lungo un obbligo femminile verso il pater familias, da cui ci ha liberato l’emancipazione. La Gpa oggi mette sul mercato il libero accesso al corpo materno. La libertà però non consiste nel vendere ciò che prima si doveva dare per forza, anzi la medesima coercizione si esercita ora tramite il denaro, che si riassoggetta il corpo materno come una materia prima.
Per il solo fatto di esprimere dissenso contro la rosea vulgata della Gpa, noi di ArciLesbica siamo oggetto da mesi di un’ostilità dilagante sui social e di un silenzio assordante dei nostri amici di Arcigay, ma per fortuna anche di sostegno da parte di gay e lesbiche che comprendono la nostra visione. Il travaglio di ArciLesbica per queste incomprensioni è diventato perciò quello della collocazione della nostra associazione nell’arcipelago rainbow: nella comunità Lgbt deve esserci spazio anche per il posizionamento femminista, altrimenti la comunità ne uscirà con un volto autoritario, intollerante e misogino, offrendo il fianco ai veri omofobi.
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Noi siamo affettuosamente vicine ai bambini e alle bambine delle coppie arcobaleno, ma non faremo nostro il mercato della gravidanza né l’idea che la libertà umana sia quella di vendersi, perché in ultima analisi è lo statuto della natura umana che si abbassa se diventa commerciabile. Teniamo all’amicizia tra lesbiche e gay, è tempo di trovare parole di accettazione delle differenze e di dialogo sulle forme plurali per diventare madri e padri responsabili.