«Un giorno Fiorello, che per me è famiglia, mi mette una mano sul braccio, come fa lui, mi guarda e mi dice: “È il cuore”». Così Luca Tommassini svela al Corriere.it come è riuscito a salvarsi.
«Con Susanna, sua moglie, con cui siamo molto legati, sappiamo che ci “prende”. Poi Rosario ha continuato: “Ti ho già prenotato l’appuntamento con il mio cardiologo”. E ci sono andato, altrimenti si arrabbiava. Il dottor Piergiorgio Bruno del Policlinico Gemelli di Roma è stato meraviglioso. Mi ha salvato. Mi ha operato a Natale, perché prima non riuscivo a prendermi del tempo».
«Quando mi hanno stubato, ho provato un dolore infernale. Ero tutto “rotto” davanti. Piangevo, urlavo. A un certo punto, sento che stavano per somministrarmi il Fentanyl. Ho urlato ancora più forte: “Non datemelo, ho sepolto troppi amici per il Fentanyl”. Io stesso ne sono dovuto uscire, dopo un’operazione che mi fecero a Los Angeles. Ne diventi subito dipendente».