
di Ulderico Grancini
Un thriller che, in un crescendo di suspance e sorprese, tiene lo spettatore con il fiato sospeso fino all’ultima scena. Questo è l’Erede. Elias Barnès, stilista di successo, deve volare dalla Francia in Canada per organizzare i funerali del padre, morto per un infarto: è un uomo che detesta e ha cancellato dalla sua vita, tanto da cambiare il suo cognome e da non volere niente che gli sia appartenuto. Decide così di dare in beneficenza la casa ereditata del genitore, ma gli viene chiesto di fare prima l’inventario di tutto ciò che contiene. Quando arriva nel seminterrato, trova una porta chiusa… L’Erede è un atto d’accusa contro la violenza maschile e, attraverso i tormenti di un uomo frastornato, insicuro, vittima di un doloroso passato patriarcale, ci fa capire in che abisso possa sprofondare l’animo umano. La violenza di un padre può essere ereditata da suo figlio? Il regista ci porta a pensare che, dietro ai comportamenti di Elias, ci sia proprio questo. Una sorta di destino senza via di scampo. Il finale è sorprendente ed emozionante.
La storia:
Ellias Barnès ha poco più di trent’anni ed è il più acclamato stilista di Parigi. Proprio nel momento culminante della sua carriera, tuttavia, è costretto a tornare a Montréal per i funerali del padre, con cui non aveva più rapporti da tempo. In un crescendo di suspense, finirà per scoprire il terribile segreto che l’uomo nascondeva e che segnerà per sempre anche il destino di Ellias.
Nelle sale dal 20 febbraio.