
Ha dato pubblicamente e ripetutamente del “finocchio” a un dipendente arrecando “concreto e grave pregiudizio alla dignità del lavoratore, nel luogo di lavoro, al suo onore e alla sua reputazione”. È la tesi con la quale la Cassazione ha respinto il ricorso di Gian Luca Rana, amministratore delegato del pastificio creato da Giovanni Rana, contro la sentenza, prima del Tribunale di Verona e poi della Corte d’Appello, che lo avevano condannato a risarcire un ex dirigente dell’azienda.

Secondo i giudici della Suprema Corte, tra il 2001 e il 2007 Rana ha pronunciato, come riportail Gazzettino, “ripetute offese” sulla presunta omosessualità del dirigente, il quale è stato stato sistematicamente apostrofato con il termine “finocchio”, come testimoniato da alcuni colleghi. Dopo la fine del rapporto di lavoro, il manager ha lamentato uno “stato di ansia e di stress” e “pregiudizio alla vita di relazione e alla dignità”.
In entrambi i gradi di giudizio al dipendente è stato riconosciuto un indennizzo pari alla retribuzione di sei mesi, ritenendo che il comportamento di Rana “esprimesse un atteggiamento di grave mancanza di rispetto e quindi di lesione della personalità morale del lavoratore”. La difesa ha invece sostenuto che le parole erano solo “espressione di un clima scherzoso nell’ambiente di lavoro” e che la mancata reazione del manager all’epiteto fosse “un riflesso della irrilevanza e inoffensività della condotta datoriale”.