Sì al cognome comune scelto dalla coppia gay, anche per la figlia. Il Tribunale di Lecco ha definitivamente inibito all’Ufficiale dello stato civile di Lecco di cancellare dalle schede anagrafiche il cognome comune scelto da una coppia, sposatasi in Portogallo e poi trasmesso alla figlia nata successivamente alla costituzione del vincolo.
Il caso, seguito dai soci avvocati Stefano Chinotti e Vincenzo Miri e dalla Presidente dell’Associazione Rete Lenford, avvocata Maria Grazia Sangalli, era stato segnalato da una coppia di donne che, nel settembre 2016, aveva fatto trascrivere il matrimonio contratto in Portogallo, scegliendo il “cognome comune” ai sensi del comma 10 della legge Cirinnà. In forza del “decreto ponte” (D.P.C.M. del 23.7.2016) il cognome dell’unione era stato trasferito alla figlia nata nel successivo mese di novembre. Il Governo, emanando il decreto legislativo n. 5/2017 aveva tuttavia imposto una “retromarcia” e disponendo la cancellazione dello stesso dalle schede anagrafiche (e conseguentemente dai documenti: codice fiscale, carta d’identità etc.), così da impedirne la trasmissibilità ai figli.
Avvocatura per i diritti Lgbti – Rete Lenford, ha ottenuto l’inibizione. Il Tribunale di Lecco ha confermato il provvedimento stabilendo che “l’avvicendamento di norme ha senz’altro prodotto nella fattispecie in esame una lesione della dignità della persona e dell’interesse supremo del minore”. Il Tribunale ha chiarito che il nome adempie “alla funzione di tutelare il diritto alla proiezione sociale della persona” e alla “funzione di identificazione sociale”, tutelate costituzionalmente.
Inoltre, e con riguardo a eventuali figli di coppie unite civilmente, il Tribunale ha ricordato che, in base alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, “l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente in tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private” e, del resto, “il diritto del figlio alla conservazione del proprio status familiare e alla salvaguardia della propria identità, quale principio fondamentale dell’individuo, recentemente sta ottenendo sempre maggiori riconoscimenti dalla giurisprudenza”.